Se la mafia toglie la parola a un attore e tutti tacciono...
Alberto Spampinato è un bravo e serio giornalista dell'Ansa, addetto al Quirinale, come si usa dire in gergo, in altre parola segue l'attività dei presidenti della repubblica.
Suo fratello, Giovanni, giovane e brillante cronista dell'Ora di Ragusa, fu ammazzato a colpi di pistola mentre indagava sulle possibili connessioni tra mafia ed eversione fascista.
Per quell'assassinio fu condannato il figlio di un giudice, ma la dinamica e i mandanti non sono mai stati chiariti in modo convincente, come per altro ha dimostrato anche l'ultima appassionante puntata di Blu Notte curata da Carlo Lucarelli.
Alberto non si è limitato, e non sarebbe stata poco cosa, a coltivare la memoria dei fratello, ma si è dedicato a illuminare chi contrasta le mafie e ad aiutare quanti tentano di contrastarla promuovendo in ogni modo una cultura e una pratica di educazione alla legalità.
Da questo suo impegno e dalla condivisione della Federazione della Stampa, dell'Ordine dei Giornalisti e della Unione dei Cronisti è nata anche l'idea di istituire un vero e proprio osservatorio dedicato a questi temi, alla segnalazione delle notizie cancellate o oscurate, alla illuminazione di quanti rischiano l'oscuramento mediatico e politico e, di conseguenza, un pericolosissimo isolamento fisico e simbolico.
In questo modo, come ha scritto tante volte Roberto Saviano, si rischia davvero di diventare un facile bersaglio.
Per queste ragioni ci ha particolarmente colpito una lettera che Alberto ha spedito ad Articolo21 e a questo blog e che, con il suo consenso ci permettiamo di pubblicare integralmente:
Se la mafia toglie la parola a un attore e tutti tacciono
di Alberto Spampinato*
Com'è che i giornali, tranne rare eccezioni, non parlano di questa storia, dell'attore lodigiano Giulio Cavalli minacciato di morte dalla mafia per aver preso in giro Bernardo Provenzano in alcuni spettacoli in piazza in Sicilia e in Lombardia? Come mai il mondo del teatro non dice una parola su un attore minacciato di morte dalla mafia e da un anno costretto a girare con la scorta armata? Com'é che a Lodi e a Milano, città gelose della propria libertà, i cittadini, i circoli e le istituzioni hanno lasciato correre una cosa così grave? Cosa significa questo silenzio assordante?
Temo che significhi nient'altro che paura e rassegnazione. E' grave che non si riesca a reagire altrimenti e che tutto ciò, invece di produrre solidarietà, sostegno, protezione collettiva di una voce libera e coraggiosa, produca l'isolamento della vittima di un'ingiustizia. Fatti come questo devono farci riflettere sul punto a cui siamo arrivati, con il condizionamento mafioso, anche nel Nord un tempo tanto orgoglioso di essere immune dagli spregevoli effetti della violenza mafiosa. Anche nel Nord siamo andati molto avanti nel senso dell'acquiescenza e del contagio. Questo silenzio, questa disattenzione può esserci solo perché, purtroppo, molti italiani, (ma soprattutto molti giornalisti, anche del Nord) pensano che in questa storia se c'è uno che ha sbagliato, questi è Giulio Cavalli, il quale, secondo questo modo di pensare e una formula molto usata "se l'è cercata". Non avrebbe dovuto prendere in giro Bernardo Provenzano, non avrebbe dovuto violare la tacita convenzione del silenzio e dell'autocensura che vige nel nostro libero paese! Che gli costava? La convenzione non scritta, come sappiamo, vale più delle leggi e delle convenzioni universali ed europee dei diritti dell'uomo; stabilisce che un attore, uno scrittore, un giornalista per vivere tranquillo non deve mai comportarsi come Giulio, né come quell'altro matto di Roberto Saviano, né come quei cronisti scriteriati alla Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e via elencando... No, chi vuole vivere senza minacce di morte o di altre rappresaglie può farlo semplicemente attenendosi alla regola di parlar d'altro, di fingere che la mafia e i mafiosi non esistono, e se proprio non può fare a meno di parlare dei boss, dei loro amici corrotti e intrallazisti, deve parlarne con molto rispetto e senza turbare lo svolgimento dei loro affari. E' facile, che ci vuole? Ci riescono (quasi) tutti. E' comodo e fin troppo facile. Proprio per questo noi ammiriamo chi non ci riesce, e perciò io abbraccio forte Giulio Cavalli, Roberto Saviano e tutti i matti come loro che pagano un caro prezzo per dimostrarci che la regola del quieto vivere si può rifiutare, e che l'autocensura è proprio il contrario della libertà di espressione
*direttore di Ossigeno per l'informazione, osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza
Per fortuna il muro della indifferenza comincia a incrinarsi. Già il Tg3, Linea Notte, Rainews24 e altri hanno cominciato a illuminare la vicenda di questo straordinario e coraggioso attore e giornalista, una sorta di moderno intellettuale canta storie che non vuole rassegnarsi e grida le sue verità, tutte rigorosamente documentate, contro le mafie, anche quelle del nord che parlano padano, e i loro complici nelle istituzioni e nella politica, anche quelli che vestono con il gessato e parlano lingue di derivazione celtica, per usare le parole in libertà tanto care a qualche leghista, sempre cosi pronti a azzannare l'ultimo clandestino, e sempre più docili con i mafiosi di ogni latitudine, a cominciare dagli stallieri di Arcore e dai loro protettori.
Ci auguriamo che un numero crescente di giornalisti voglia dare voce e spazio alle denunce di Cavalli e al suo teatro civile, ma sarebbe altrettanto importante che associazioni, rappresentanti degli enti locali e del teatro, lo invitassero a rappresentare la sua opera, affiancando alla scorta che ormai lo segue ovunque anche una sorta di scorta popolare e mediatica capace, quanto meno, di squarciare il velo della indifferenza, del silenzio, della indifferenza complice.
Giuseppe Giulietti
(09 novembre 2009)


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