sabato 28 marzo 2009

Governo: meno salario reale e meno sicurezza sul lavoro

Venerdì 27 Marzo 2009
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di Fulvio Lo Cicero

Una ricerca Ires-Cgil evidenzia la perdita del potere di acquisto di salari e stipendi. Nello stesso tempo, il Governo vara la riforma delle norme sulla sicurezza del lavoro. Rinaldini (Fiom-Cgil): “Provvedimento inaccettabile”.

ROMA – Un salasso per i salari, si potrebbe dire con effetto cacofonico. È quanto denuncia il quarto rapporto dell’Ires-Cgil presentato oggi su salari, produttività e distribuzione dei redditi. Un argomento che sta ovviamente a cuore del più grande sindacato italiano, visto che da queste variabili dipende, in sostanza, la qualità della vita dei lavoratori. Ma non basta, perché il Governo sta modificando le norme in materia di sicurezza del lavoro, con una semplificazione che potrebbe aggravare una situazione già ad estremo rischio. Secondo la ricerca Ires-Cgil, i salari reali sono fermi dal 1993 e il fisco si è mangiato guadagni di produttività per la bellezza di 6.738 per ogni retribuzione in quindici anni. Se poi si fosse applicata l’ipotesi di contratto nazionale firmata da Confindustria e Cisl-Uil, con la mediazione del ministro Sacconi, i lavoratori avrebbero perso, dal 1993 ad oggi, altri 6.587 euro in potere di acquisto. Un vero e proprio salasso, appunto.

Poi c’è un altro problema esaminato dal rapporto, quello del “fiscal drag” (il “drenaggio fiscale”). Con questa parola si indica generalmente l’effetto che una tassazione progressiva produce su salari e stipendi. Qualsiasi imposta, come noto, colpisce il reddito nominale, cioè non tiene conto del suo potere di acquisto, che ovviamente diminuisce in ragione inversa al tasso di inflazione. Se quest’ultimo è del 2%, ad esempio, in un anno il salario reale diminuisce di un livello pari. Ora, però, salari e stipendi tendono a crescere per effetto o di automatismi contrattuali o a seguito dei rinnovi, che generalmente sono orientati da un compenso per l’accresciuta produttività e da uno per coprire l’inflazione (quindi la perdita di potere di acquisto). Ma l’imposta progressiva non ne tiene conto, andando a colpire la semplice crescita nominale delle retribuzioni. In altri termini, il prelievo aumenta non perché il lavoratore si è arricchito di più ma semplicemente perché è aumentato il reddito nominale (e non quello reale, cioè depurato dalla perdita di potere di acquisto).

Secondo il rapporto, la perdita del potere di acquisto delle retribuzioni nel periodo 2002-2008 sarebbe ammontato a 2.647 per busta paga, di cui 1.182 sarebbe rappresentata dalla mancata restituzione del drenaggio fiscale. Si tratta di una vera e propria tassa occulta, incassata dallo Stato ma che potrebbe essere sterilizzata con il meccanismo delle detrazioni per lavoro dipendente, sulle quali invece il Governo non ha nessuna intenzione di intervenire. In questo modo, lo Stato continua ad ampliare il suo gettito mettendo le mani nelle tasche dei lavoratori e dimostrando, in questo modo, come le promesse di Berlusconi in campagna elettorale erano rivolte solamente ai ceti professionali e imprenditoriali.

Per compensare almeno in parte questa perdita di potere di acquisto, la Cgil propone l’erogazione di 100 euro mensili in busta paga, appunto tramite il meccanismo delle detrazioni. Ma tale integrazione ben poco potrebbe fare di fronte alla voragine nella distribuzione del reddito fra lavoratori dipendenti e ceti professionali. Fra 2002 e 2008 le famiglie operaie hanno perso, in media, 1.599 euro, quelle con capo famiglia impiegato hanno perso 1.681 euro, mentre le famiglie con a capo un professionista o imprenditore hanno guadagnato 9.142 euro. Ciò indubbiamente indica una politica fiscale che tende a comprimere i redditi più bassi e ad alleggerire il carico del prelievo su quelli più alti.

La protesta della Cgil non si ferma alle politiche salariali ma si estende alla modifica delle regole in materia di sicurezza sul lavoro del 1994. La Confindustria più volte aveva mostrato ostilità verso queste norme – pur in un contesto di pervasività degli “incidenti”, che causano la morte di mille lavoratori all’anno e danni, permanenti e non, ad un milione di persone – ed ora il Governo ha voluto accontentare gli industriali, con l’approvazione di un disegno di legge con il quale si diminuiscono le fattispecie colpite da sanzione penale e si aumentano quelle pecuniarie. Secondo il segretario della Fiom-Cgil Rinaldini si tratta di “un provvedimento inaccettabile. Sono attenuate le sanzioni nei confronti delle imprese e si riducono le forme di controllo e prevenzione. Per noi il vecchio testo unico andava bene, aveva ricevuto il giudizio negativo di confindustria e delle organizzazioni imprenditoriali che chiedevano uno stravolgimento in nome della semplificazione”. Secondo il vice-capogruppo dell’Italia dei valori Borghesi “il decreto approvato dal Cdm porterà inevitabilmente ad un aggravarsi della situazione sicurezza sul lavoro e ad un aumento delle morti bianche”.

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