martedì 3 novembre 2009

Niente panico: il virus è raramente letale....

03/11/2009











Di: UMBERTO VERONESI

Esiste una via di mezzo fra psicosi e superficialità nell’affrontare il caso della nuova influenza A. E’ quella della razionalità. I dati scientifici in tutto il mondo ci dicono che il virus A è raramente letale.


E non è molto più aggressivo dell’influenza stagionale. Ha però delle caratteristiche peculiari: è molto contagioso e colpisce una fascia d’età nuova per una sindrome influenzale, che è quella dai 5 ai 14 anni, spesso in una forma grave che richiede il ricovero. Se stiamo agli ultimi dati ufficiali, rispetto a una media in Italia di 3,8 casi ogni 1000 abitanti, questa fascia di età ha un’incidenza di 13,02 ogni 1000 soggetti, che è effettivamente alta. Non ci sono però dati che giustifichino un allarme circa la mortalità: anche i casi di decesso in Italia come quelli nel resto del mondo, riguardano età diverse e sono per lo più legate a gravi malattie già esistenti (che vanno dalla tubercolosi polmonare, alle cardiopatie, alla broncopatia ostruttiva fino al diabete e l’obesità) o più raramente, come nel caso della signora di 46 anni di Messina, a complicanze causate dal virus. Altra informazione che la scienza ci dà è che non ci sono segni nel mondo di mutazione del virus, cioè della sua trasformazione in una forma più grave, che è il vero pericolo delle nuove pandemie. L’ultimo dato, e non certo in ordine di importanza, è che esiste un vaccino (in realtà ce ne sono diversi tipi) che ha dimostrato efficacia. Ovviamente non esiste ancora un controllo molto prolungato, cioè non sappiamo la durata della protezione nel tempo, ma sappiamo dai dati dell’altro emisfero, da cui il contagio è partito, che la vaccinazione funziona.


Dobbiamo ricordare che un vaccino è un farmaco e tutti i farmaci hanno effetti collaterali e dunque minime percentuali di rischio per la salute; ma questo vale per tutte le medicine, anche per gli antibiotici, che hanno cambiato la storia dell’uomo. E come tutti i farmaci ha dietro di sé un processo produttivo, ma questo non ci autorizza a pensare che la vaccinazione sia solo un business dell’industria farmaceutica, come qualcuno ama insinuare. E’ inevitabile che ci siano interessi economici in gioco, ma la questione centrale che fa decidere la sanità mondiale per il vaccino è la salute della gente e pensare ad una macchinazione finanziaria di dimensioni planetarie è sbagliato. Che fare allora? Di fronte a questo quadro obiettivo, il buon senso, oltre che la medicina, ci consiglia di aderire alla campagna di vaccinazione, così come è stata predisposta dal nostro governo. Il programma è di vaccinare subito i gruppi a rischio (personale sanitario, forze di pubblica sicurezza e protezione civile, donne al secondo o terzo mese di gravidanza, i malati cronici di ogni fascia di età) e poi il 40% della popolazione entro i primi mesi del 2010. Va detto che di fronte ad un nuovo virus, la medicina deve essere pronta a «navigare a vista»: se il contagio si evolve in modo inaspettato, la strategia vaccinale può cambiare e dare priorità a fasce diverse. La flessibilità e la prontezza di reazione diventano le caratteristiche più importanti della sanità di un Paese e fino ad ora mi sembra che Europa e Italia si siano comportate con efficacia.


Vaccinarsi è un atto di responsabilità individuale e civile perché, come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una pandemia influenzale è causata da un virus che può esser del tutto nuovo nella popolazione umana e questo crea una generale vulnerabilità all’infezione. Questo significa che anche se non tutta la popolazione viene contagiata nel momento dell’infezione, quasi tutti si possono potenzialmente infettare. Il vaccino è dunque un modo, oltre che per proteggersi da un malanno comunque molto fastidioso, per contenere il più possibile la diffusione nel momento di picco: il fatto che molte persone si ammalino nello stesso periodo crea un sovraccarico per le strutture sanitarie che fanno poi fatica ad occuparsi dei casi più preoccupanti, e il suo affanno crea una situazione di panico nella popolazione. Una volta di più il mio invito è alla misura: non serve la corsa ansiosa alla vaccinazione perché non siamo in imminente pericolo di vita, ma non bisogna sottovalutare il problema. Serve seguire le norme più semplici di prevenzione senza fobie, e aderire alle campagne di vaccinazione. (La Stampa-Torino)
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La maggior parte di chi leggerà queste righe, non crederà che, in altri Paesi, non esiste questo  senso di "paura" che domina gli italiani in questo particolare momento. Io ad esempio, non mi farò MAI e poi mai vaccinare, tutte le volte che lo feci, poi l'influenza mi arrivò sul serio. Quì in Germania nessuno ne parla e non mi è mai capitato di vedere persone che indossassero una mascherina. Mi pare che, in Italia, questo "panico" sia creato appositamente con l'intento di distolgere l'attenzione da problemi molto più importanti, insomma, uno specchietto per le "allodole". Le Allodole sarebbero, in questo caso, gli italioti di turno. Ma vivete tranquilli, cercate solo di non recarvi in ambienti troppo affollati e, restate in attesa che questo gran can-can smetta di essere. Casi di morte, a causa di una delle tante influenze vi sono sempre stati, e allora...che capiti proprio a noi personalmente dipende soltanto da qualche cosa sulla quale noi non potremo mai avere influenza (strano gioco di parole vero?).
  Masaghepensu
(Ma se ci penso)


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