venerdì 27 novembre 2009

MARRAZZO Chi lo voleva rovinare? .......

  Una regia dietro l’affaire del Governatore: iniziano a parlarne i difensori dei carabinieri in carcere
  di Rita Di Giovacchino
  Alla fine la tesi del complotto fa capolino in questa sarabanda di presunti delitti e cadaveri veri, pusher, cocaina, trailer di film porno e telecamere nascoste nelle alcove di via Due Ponti. Investigatori dell’una e dell’altra sponda minimizzano, ma al primo piano della Procura sullo sfondo del caso Marrazzo qualcuno comincia a intravedere la trama di una ‘struttura deviata’.    L’ambiente degradato della periferia nord di Roma, crocevia di ogni sorta di traffico, offre generosi spunti per estorsioni, ricatti e, se il ruolo politico ricoperto dalla vittima è importante, forse complotti. Definizione che sottende un intervento subdolo teso ad alterare gli equilibri politici. Proprio come è accaduto con il governatore del Lazio. Ipotesi ancora “metaprocessuale”. Così la definisce un pm. Ma che è stata del tutto respinta da Marrazzo che si è limitato a denunciare   una “rapina” compiuta da pubblici ufficiali, ma ha negato con forza ogni ipotesi di ricatto.    Invece, a sorpresa, di complotto cominciano a parlarne i difensori dei carabinieri in carcere. “Ho la sensazione che i carabinieri coinvolti nell' affaire Marrazzo siano stati strumentalizzati da una regia diversa. Insomma si sono ritrovati all'interno di un complotto che aveva come obiettivo politico Piero Marrazzo”, ha detto in un'intervista al La Stampa l'avvocato Bruno Von Arx che difende Luciano Simeone, il più giovane dei militari coinvolti in questa faccenda. Pensa davvero   che ci troviamo di fronte a uno scenario degno di Le Carré? “Le mie parole sono state un po' enfatizzate, penso quello che pensano tutti”, cerca di minimizzare Von Arx penalista napoletano con ascendenze asburgiche che in realtà non smentisce affatto. “Una qualche regia c'è stata, credo piuttosto all'insaputa dei carabinieri intervenuti a via Gradoli”.    In particolare del suo assistito, che lavorava alla compagnia Trionfale da pochi mesi. Molti dei quali trascorsi in malattia per un tumore linfatico. Era tornato in servizio alla fine di maggio e il 3 luglio è incappato nell'operazione Marrazzo. Spiega Von Arx: “Erano Tagliente e Testini, trasferiti al Trionfale dalla caserma Tomba di Nerone, che opera nella zona Cassia e Flaminia ad avere consuetudine a trattare i trans. Non a caso erano stati avvertiti da Cafasso, un loro confidente.   Non stia a sentire Natalie in televisione: la droga era lì nel piatto e il pusher ora morto si è imbucato nell'appartamento e ha girato il video”. Ovvero Cafasso, un confidente dei carabinieri molto intimo sia di Brenda che di Natalie, amico del maresciallo Tagliente, uno che navigava tra i viados come un pesce nell'acqua. E in possesso di segreti che potevano “rovinare mezza Roma”. Segreti che puntualmente riferiva ai carabinieri. Siamo in presenza di schedature? “Inevitabile, questo è   l'humus del caso Marrazzo”, ribadisce l'avvocato Von Arx.    Il fatto è che nessuno dei protagonisti di questa storia racconta la verità. Secondo un alto ufficiale dei carabinieri, che ha avuto un ruolo importante nell'indagine che ha portato all’arresto degli ‘infedeli’, la chiave di tutta la vicenda sta nella rivalità tra Brenda e Natalie. Erano state grandi amiche, poi avevano litigato. A causa di Marrazzo? Forse. Tra loro c'era una vera guerra dietro la quale s'intravede ancora Cafasso che continuava a frequentare entrambe. Un triangolo lacerato da interessi e segreti che finora è costata la vita a due persone e la carriera politica all'ex Governatore.    Secondo le amiche di Brenda è stata Natalie, che ora si comporta da vera amica, a tirare il tiro mancino a Marrazzo. D'accordo con Cafasso, con i carabinieri e una certa Giois, un   trans molto legato a un maresciallo della compagnia Trionfale. Un sospetto non del tutto infondato, dice l'ufficiale, che apre però la strada a nuovi veleni. Ipotesi su cui soffia un vecchio amico di Brenda, anzi un ex fidanzato come ammette lui stesso in un’intervista a Novella 2000. Si chiama Giorgio T. e descrive la sua ex come la pedina di un gioco più grande di lei o, se preferite, di lui: ricattato e ricattatore, Brenda aveva collocato una piccola telecamera sopra il letto e filmava in casa i propri clienti. A dirlo è un ex spacciatore, finito più volte in carcere, ma che conosce il mercato del sesso proibito e i forti legami tra viados e carabinieri.   Una testimonianza da prendere con le molle visto che ad arrestarlo un paio di volte sono stati proprio Tagliente e Testini. E che si è visto soffiare il ruolo pusher da Cafasso. Lui dice che Brenda era un confidente già dal 2006: a loro passava i filmati con i clienti importanti. Tra questi avvocati, medici e politici. Ma nella casa di via Due Ponti la telecamera non è stata trovata.  
  (Da Il Fatto) Brenda e la sua casa in via Due Ponti (FOTO ANSA)
 

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