Il Digitale terrestre, un'imbroglio sotto gli occhi di tutti....
Intrigo digitale...
Di Alessandro Gilioli
Si spegne la vecchia tivù. E il governo fa pressing per imporre una tecnologia che conviene solo a mediaset. così gli interessi dei cittadini vengono piegati alla guerra anti Murdoch del premier...

Ma se avessimo votato a fine giugno, che cosa avrebbero scritto sulla scheda quelle centinaia di migliaia di anziani del Lazio che stanno per veder sparire nel nulla due dei loro canali preferiti, Raidue e Retequattro?
Fantapolitica, naturalmente. L'unica cosa certa è che il mitico 'switch over', cioè la prima fase del passaggio dalla tivù analogica al decantato digitale terrestre, sta arrivando al banco di prova: dopo gli esordi in Val d'Aosta, Sardegna e parte del Piemonte, il 16 giugno tocca alla capitale e ad altri 157 comuni del Lazio, con quasi cinque milioni di telespettatori coinvolti. Per ora il salto riguarda solo i due canali citati - gli altri traslocheranno in autunno, ad andar bene - ma nonostante le molte campagne informative è facile prevedere che grande sarà il disordine sotto le antenne: dove il passaggio è già avvenuto i vari numeri verdi sono andati in tilt per la mole di errori e proteste.
Del resto il 69 per cento dei teleutenti italiani non ha mai usato il digitale terreste prima d'oggi (dato Auditel), ma da domani si troverà ad averci a che fare per forza o quasi. E la rivoluzione obbligatoria è in gran parte a carico dei consumatori-contribuenti, dall'acquisto del decoder (o di una tivù nuova) fino alla chiamata dell'antennista per sistemare la ricezione. Ci sono aiuti solo agli over 65 con redditi sotto i 10 mila euro lordi l'anno e in regola con il canone Rai, insomma pochini. Alle uscite dirette bisogna poi aggiungere quelle indirette, tipo i 700 milioni stanziati dalla Rai - e tratti anche dal canone - per adeguarsi alla nuova piattaforma, più la misteriosa ma ingente cifra di denaro pubblico (c'è chi dice un miliardo di euro) generosamente offerta negli anni dallo Stato per incentivare l'acquisto dei decoder e per le campagne pubblicitarie.
Fantapolitica, naturalmente. L'unica cosa certa è che il mitico 'switch over', cioè la prima fase del passaggio dalla tivù analogica al decantato digitale terrestre, sta arrivando al banco di prova: dopo gli esordi in Val d'Aosta, Sardegna e parte del Piemonte, il 16 giugno tocca alla capitale e ad altri 157 comuni del Lazio, con quasi cinque milioni di telespettatori coinvolti. Per ora il salto riguarda solo i due canali citati - gli altri traslocheranno in autunno, ad andar bene - ma nonostante le molte campagne informative è facile prevedere che grande sarà il disordine sotto le antenne: dove il passaggio è già avvenuto i vari numeri verdi sono andati in tilt per la mole di errori e proteste.
Del resto il 69 per cento dei teleutenti italiani non ha mai usato il digitale terreste prima d'oggi (dato Auditel), ma da domani si troverà ad averci a che fare per forza o quasi. E la rivoluzione obbligatoria è in gran parte a carico dei consumatori-contribuenti, dall'acquisto del decoder (o di una tivù nuova) fino alla chiamata dell'antennista per sistemare la ricezione. Ci sono aiuti solo agli over 65 con redditi sotto i 10 mila euro lordi l'anno e in regola con il canone Rai, insomma pochini. Alle uscite dirette bisogna poi aggiungere quelle indirette, tipo i 700 milioni stanziati dalla Rai - e tratti anche dal canone - per adeguarsi alla nuova piattaforma, più la misteriosa ma ingente cifra di denaro pubblico (c'è chi dice un miliardo di euro) generosamente offerta negli anni dallo Stato per incentivare l'acquisto dei decoder e per le campagne pubblicitarie.
Ancora: per i consumatori aumenterà la bolletta elettrica (in media 20-25 euro l'anno a famiglia) perché quasi tutti i decoder sono studiati per rimanere in stand by e si spengono veramente solo staccando la spina. In più c'è l'impiccio di un nuovo telecomando in salotto: niente di grave, ma c'è chi ci metterà un po' ad abituarsi. Infine, bisogna sperare che l'estate non porti temporali e grandinate, perché in caso di maltempo con i ripetitori attuali la possibilità di non vedere più nulla è alta.
Ma ciò che sta accadendo alla nostra tivù trascende i costi e i fastidi per le famiglie, per quanto sgradevoli questi siano. Quella che si sta giocando è infatti una gigantesca partita economica e politica il cui risultato si vedrà solo tra due o tre anni, quando il passaggio al digitale sarà (forse) completato e si avrà un'idea più chiara di vinti e vincitori.
La battaglia vede due grandi antagonisti: da una parte la famiglia Berlusconi e dall'altra Rupert Murdoch, proprietario di Sky. Mediaset, si sa, è la più attiva vessillifera del digitale terrestre: con il nuovo sistema infatti raddoppia i suoi canali gratuiti (da tre a sei) e introduce al grande pubblico quelli a pagamento. Questi ultimi fanno parecchio gola all'azienda di Milano 2: quando tutti gli italiani avranno in casa il nuovo decoder sarà molto più facile per Mediaset sottrarre a Murdoch gli appassionati di calcio, quelli che hanno portato quasi 5 milioni di abbonamenti a Sky. Infatti se Sky ha i diritti per il calcio sul satellite, Mediaset possiede quelli per il digitale terrestre, e al contrario di Murdoch propone vendite 'sfuse' di partite (quindi a un costo basso) anziché pacchetti completi.
Naturalmente questo progetto può andare a buon fine per Mediaset solo se, una volta oscurato l'analogico, gli italiani decidono di passare al digitale terrestre invece di abbonarsi a Sky e vedersi lì tutti i canali esistenti via satellite. Per questo a Mediaset hanno messo in atto una strategia a tenaglia da realizzare grazie al fatto che il proprietario di Mediaset è anche presidente del Consiglio. Prima il governo ha raddoppiato l'Iva sugli abbonamenti alle pay tv, quindi soprattutto a Sky (nel digitale terrestre si può entrare free, salvo pagare poi i singoli eventi). Dopodiché la tivù di Stato si è incredibilmente alleata con Mediaset per creare un consorzio anti Sky, con un pacchetto satellitare comune in concorrenza con quello di Murdoch. Infine, ultima chicca, la Rai ha deciso di boicottare Sky minacciando l'uscita dal suo pacchetto satellitare: e se un domani con il padellone di Sky non si vedessero più i canali di viale Mazzini, è ovvio che gli abbonamenti alla tivù di Murdoch crollerebbero.
La battaglia vede due grandi antagonisti: da una parte la famiglia Berlusconi e dall'altra Rupert Murdoch, proprietario di Sky. Mediaset, si sa, è la più attiva vessillifera del digitale terrestre: con il nuovo sistema infatti raddoppia i suoi canali gratuiti (da tre a sei) e introduce al grande pubblico quelli a pagamento. Questi ultimi fanno parecchio gola all'azienda di Milano 2: quando tutti gli italiani avranno in casa il nuovo decoder sarà molto più facile per Mediaset sottrarre a Murdoch gli appassionati di calcio, quelli che hanno portato quasi 5 milioni di abbonamenti a Sky. Infatti se Sky ha i diritti per il calcio sul satellite, Mediaset possiede quelli per il digitale terrestre, e al contrario di Murdoch propone vendite 'sfuse' di partite (quindi a un costo basso) anziché pacchetti completi.
Naturalmente questo progetto può andare a buon fine per Mediaset solo se, una volta oscurato l'analogico, gli italiani decidono di passare al digitale terrestre invece di abbonarsi a Sky e vedersi lì tutti i canali esistenti via satellite. Per questo a Mediaset hanno messo in atto una strategia a tenaglia da realizzare grazie al fatto che il proprietario di Mediaset è anche presidente del Consiglio. Prima il governo ha raddoppiato l'Iva sugli abbonamenti alle pay tv, quindi soprattutto a Sky (nel digitale terrestre si può entrare free, salvo pagare poi i singoli eventi). Dopodiché la tivù di Stato si è incredibilmente alleata con Mediaset per creare un consorzio anti Sky, con un pacchetto satellitare comune in concorrenza con quello di Murdoch. Infine, ultima chicca, la Rai ha deciso di boicottare Sky minacciando l'uscita dal suo pacchetto satellitare: e se un domani con il padellone di Sky non si vedessero più i canali di viale Mazzini, è ovvio che gli abbonamenti alla tivù di Murdoch crollerebbero.
(11 giugno 2009)
Pagina 1 di 3
(L'Espresso)
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Berlusconi Silvio come lo Spirito Santo, è presente ovunque. E ciò è il problema italico, i suoi conflitti d'interesse.
BANCHE....................................presente..
EDILIZIA...................................presente..
PUBBLICITÀ............................presente..
AGENZIE di VIAGGIO.............presente..
EDITORIA................................presente..
VILLAGGI TURISTICI.............presente..
TELEVISIONI..........................presente..
GIORNALI (editoria ).....................presente..
Che ho dimenticato...?
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Qualche cosa, senza dubbio. Nel suo ruolo di Pres. del Consiglio, qualsiasi cosa faccia entra nel " CONFLITTO D'INTERESSI ".
Pensate davvero che, alla direzione della cloaca Italia, pugnali le sue fonti di guadagno..? Dal suo punto di vista, sarebbe un gran cretino e, pur di restare al comando non esita all'appoggio della mafia e, dopo aver giurato fedeltà alla Costituzione Italiana, cerca in tutti i modi di cambiarla a suo uso e consumo. Come sta facendo ora con la Giustizia...
Masaghepensu
(Ma se ci penso)

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