martedì 27 ottobre 2009

Silvio all'attacco: "Qui comando io"....

27/10/2009
RETROSCENA

Silvio Berlusconi con Bossi e Tremonti


Ma prepara la pace col ministro che non sa come sostituire
UGO MAGRI
ROMA

Tremonti non si è ancora dimesso e tutto fa pensare che nemmeno oggi getterà la spugna. Volendo, ne avrebbe già avuto un’eccellente motivazione, invece ha vissuto con animo sereno (così raccontano) il drammatico altolà che gli è giunto in mattinata da Arcore. Dove il Cavaliere ha riunito i «triumviri» del Pdl e, insieme con loro, ha dettato la linea attraverso un comunicato stentoreo: d’accordo la tenuta nei conti pubblici, ma d’ora in avanti bisognerà pensare anche allo sviluppo. Il rovescio esatto di quanto il Professore va predicando, asserragliato nella trincea del rigore e convinto che la grande crisi non sia ancora del tutto superata. Fosse stato in vena di sbattere la porta, quale pretesto migliore?

Nulla di tutto questo, niente show-down. Cosicché qualcuno del giro berlusconiano già prevede che l’intera vicenda si concluderà in una bolla di sapone. Giorno dopo giorno lo scontro tra i due «indispensabili» o presunti tali, Tremonti contro il Comandante supremo, verrà degradato al livello di «equivoco», di semplice malinteso. Addirittura la colpa ne verrà attribuita al povero Bossi, il quale (è la «vulgata» che già comincia a prendere piede tra i «pontieri») ha un cuore grande così, dunque ha ecceduto nell’affetto verso l’amico Giulio proponendolo a Berlusconi come vice-premier, epperò lui, Tremonti, non s’era nemmeno sognato di chiederlo... Ci sono mille modi pasticciati per circoscrivere un incidente, e talvolta i proclami ne sono un preludio: più alti sembrano i toni, maggiore è la voglia di chiudere il caso.

Se è esatta la diagnosi che si affaccia tra gli amici di Silvio (e di Giulio), Tremonti dunque non replicherà al comunicato della trojka, e Berlusconi non insisterà nel pretendere il chiarimento dal suo ministro. Quando l’ufficio di presidenza del Pdl si riunirà come da programma, il 5 novembre prossimo, ben altri saranno i temi su cui dilaniarsi, cominciando dalle candidature per le prossime elezioni regionali. Dove tra Pdl e Lega la tensione cresce a vista d’occhio, l’accordo sulle presidenze è parecchio lontano, lì davvero può scorrere il sangue.

Al momento i due non si parlano, comunicano tramite il mediatore Bonaiuti. L’impressione tuttavia è di assistere a un doppio bluff. Il primo di Tremonti: dopo avere alzato la posta, comincia a prendere atto del proprio isolamento nel partito. Non ci sta a passare per quinto ministro della Lega. Per cui sarà costretto a rientrare nei ranghi senza garanzia che Berlusconi voglia frenare l’assalto alla diligenza dei conti pubblici. Anzi, con i ministri della spesa che prenderanno coraggio. L’altro bluff è quello del Cavaliere. Il quale fa la faccia severa. Dall’incontro con Bondi-Verdini-La Russa escono frasi terribili, tipo: «Giulio non può decidere da solo, mai gli ho dato l’economia in appalto, deve cambiare metodo e ascoltare gli altri, me in particolare, basta con le deleghe in bianco, è il momento di una politica anti-ciclica come nel resto d’Europa, deve smetterla di dire che non ci sono i soldi...».

L’irritazione del premier è autentica. Salvo che in fondo preferisce tenersi Tremonti, a dispetto del suo pessimo carattere, perché nemmeno lui ha l’asso da calare, gli manca un sostituto all’altezza. E’ il primo a sapere che Draghi, spesso evocato, non ha convenienza né voglia di lasciare Bankitalia per tuffarsi nel tritacarne della politica italiana. Tra parentesi, Draghi presiede un organismo prestigioso, il Financial Stability Board, incaricato di mettere il guinzaglio alla finanza internazionale attraverso un complesso di nuove regole. Come chiedergli di lasciarlo? Qualcuno tra i «pasdaran» spinge avanti Brunetta, e certo nella mente del Cavaliere sarebbe un buon salvagente. Però negli ambienti internazionali che contano, un cambio della guardia verrebbe visto con allarme. E in Patria i sondaggi già puniscono il governo per una lite che evoca quelle del governo Prodi.

Insomma: una volta riaffermata solennemente la linea del «qui comando io», con l’intero partito schierato dalla sua parte, è tesi prevalente tra le «colombe» che Berlusconi accetterà la ritirata di Tremonti e ci farà pace. In cambio il Professore si mostrerà più flessibile, già ieri ne ha dato un piccolo segnale incontrando a pranzo i vertici delle grandi banche. Il tutto, in attesa del prossimo «equivoco».
(La Stampa)
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" Qui comando io " dice l'on. silvio berlusconi. Che bossi lo ricattasse da sempre era
cosa nota, ma che il premier si potesse ora opporre all' "amico" bossi non se ne era a conoscenza. E allora, che cos'è cambiato? È forse riuscito a neutralizzare il bossi? È lecito domandarselo perchè senza l'appoggio leghista, berlusconi, non andrebbe da nessuna parte. Come si comporterà lo " scarlatizzato " silvio..? La risposta/soluzione con fourfet arriverà molto presto, una dei due dovrà chinare la testa e sottoporsi all'altro. Una sfida, si potrebbe anche dire, all'ultimo sangue. Che vinca l'uno o l'altro poca differenza sarebbe, l'Italia (sich) resterebbe e affonderebbe sempre nella cacca.
Masaghepensu
(Ma se ci penso)

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