venerdì 29 maggio 2009

TERREMOTO - CRESCE IL MALUMORE.

29/5/2009
" Basta promesse, dateci case"
La tendopoli degli sfollati


Gli sfollati: in tenda è un inferno. Berlusconi:pronte entro l'autunno. Prudente Bertolaso
FRANCESCO GRIGNETTI
INVIATO ALL'AQUILA
La voce del presidente del Consiglio arriva suadente da un televisore. Sono le 19. Berlusconi è in onda al Tg4: «Costruiremo le case entro l’autunno». Pausa. Ci sono molti occhi ipnotizzati dal monitor nella grande tenda comune del campo Italtel-1. Uno sogghigna: «Sicuro... Ma di quale anno?». Si ride amaro tra gli sfollati. No, non si può certo dire che si respiri troppo ottimismo tra le tende. Poco distante da qui, c’è il quartier generale della Protezione civile. Il gran capo, il sottosegretario Guido Bertolaso, sta spiegando il gran lavoro che si va facendo in questi giorni. «Entro la fine di giugno avremo un cronoprogramma dei lavori sul versante dei beni culturali. Il lavoro è immenso. Abbiamo appena terminato la ricostruzione della cattedrale di Noto; qui ce ne sono duecento distrutte».

Un impegno da far tremare i polsi. E come la mettiamo con l’ottimismo di Berlusconi che annuncia un’estate di svolta? Ci riuscirete a mettere tutti gli sfollati fuori dalle tende prima dell’inverno? Il sorriso di Bertolaso si tramuta in una smorfia di preoccupazione. «Non posso non condividere l’ottimismo del presidente», dice. «Ma con la preoccupazione di chi è qui, sul campo, e deve garantire di finire entro i tempi stabiliti». Bertolaso, insomma, è il primo a sapere che certi programmi sono forse troppo rosei. Ammette: «Parliamoci chiaro. Se dovessimo avere un’estate piovosa, inevitabilmente i cantieri subirebbero dei rallentamenti e i tempi ne sarebbero compromessi... Se non troviamo maestranze e imprese a sufficienza per quanto ci siamo prefissi... Il lavoro che abbiamo immaginato è impegnativo per le ditte di costruzione. Noi chiediamo di realizzare in 80 giorni ciò che normalmente si fa in 8 mesi. E’ una sfida difficile». Il terremotato e il sottosegretario. Due facce della stessa medaglia. Comunque la si prenda, la scommessa è contro il tempo. Il tempo che ammazza anche il buon umore. Al campo Italtel-1, ad esempio, ci sono cinquanta volontari del Gruppo Lucano che gestiscono un centinaio di tende. Ci sono circa ottocento sfollati, una cucina da campo, docce, bagni, un ambulatorio, un asilo e un bar. In giro, tra le tende, poca gente.

Qualche bambino in bicicletta, qualche vecchio. «La casa "mea" - dice in dialetto stretto il signor Cesidio, bella faccia da anziano contadino - è poco danneggiata. Ci vuole poco a aggiustarla. Non vedo l’ora perché qua non si può più stare. E’ bollente l’asfalto fuori, bollente dentro la tenda, non si sa dove stare». E per fortuna che hanno tutti un piccolo condizionatore. «Li abbiamo sistemati di corsa - racconta un volontario, Francesco Gaudiano - perché senza non ci si potrebbe vivere». Dopo due mesi di vita in tenda, da campeggiatori forzati, l’umore degli aquilani sta volgendo al brutto. La gente sta diventando irritabile, maldisposta. Un episodio ha fatto scalpore, nella tendopoli, due sere fa. Al bar, gestito dal volontario Gaetano Ferrara, una mamma ha preteso l’intervento dei carabinieri perché al suo bambino di cinque anni avevano regalato una merendina.

«E invece a mio figlio decido io che cosa far mangiare...». Una lite grossa così. «E’ verissimo che molti pretendono e pochi danno una mano», racconta Livio Di Giacomo, una vita in polizia, ora terremotato, che però si sentiva triste a non aver più nulla da fare e s’è aggregato ai volontari. Mostra orgoglioso i calli che gli sono venuti a pelare patate. «Cerco di darmi da fare. E’ dura stare nelle tende senza nessun scopo». Non è un caso se l’impegno maggiore è per gli psicologi mobilitati dalla Protezione civile. A tutti questi terremotati sempre più intristiti, l’impegno di Berlusconi di mandarli in vacanza al mare ha strappato qualche sorriso. Ma non sembra averli convinti. Nemmeno il sindaco. «Io non ne so nulla», dice gelido Massimo Cialente. A un chilometro di distanza, nelle stanze requisite dalla Protezione civile, intanto si fanno grandi progetti. L’uomo sulle cui spalle pesa la scommessa di Berlusconi si chiama Gian Michele Calvi, un ingegnere, professore di Costruzione in zona sismica. E’ lui che sta progettando i venti insediamenti antisismici. Lui, Calvi, è il responsabile del programma.

Snocciola numeri impressionanti: «Entro il 3 giugno avremo il quadro delle ditte che partecipano alla gara d’appalto. L’8 giugno apriamo i cantieri per le piastre antisismiche. L’8 luglio saranno pronte le prime trenta. Da quel momento in poi, ci saranno ottanta giorni per consegnarci i primi edifici. A metà dicembre abbiamo finito». Detta così, sembra semplice. In realtà è un impegno ciclopico che non ha precedenti al mondo. Ogni piastra è una fondamenta da mille metri quadri. E’ previsto di sfornarne trenta alla volta. Ogni due settimane, un blocco in più. Saranno mesi di lavoro pazzo e disperatissimo. E serviranno a dare un tetto ad appena (si fa per dire) dodicimila persone. Si consideri che ci sono sessantamila persone in tenda e trentamila in albergo. «La scommessa vera è far rientrare chi non ha la casa inagibile», dice un funzionario della Protezione civile.
(La Stampa)
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La verità e le bugie, a poco a poco vengono a galla. Ci vuole pazienza e dare tempo al tempo. Dai "Campeggi" dei terremotati arrivano lamenti non sentiti da chi sentire dovrebbe. Non è certo un buon segno in vista delle prossime elezioni. Si faranno furbi almeno loro?
Masaghepensu

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