Le retribuzioni basse sono lo specchio di un sistema in affanno
| 18/5/2009 - ANALISI | |
| | |
| PIETRO GARIBALDI | |
| Le classifiche economiche non sono mai divertenti, ma diventano preoccupanti quando riguardano la retribuzioni. Confrontando lo stipendio medio, l’Italia appare ormai vicinissima alla zona retrocessione. La retribuzione di un lavoratore italiano senza carichi familiari non raggiunge i 1400 euro al mese, ed è inferiore non solo a quello di Germania Francia e Gran Bretagna, ma anche a quello di Grecia e Spagna. Questa volta non possiamo dare la colpa alla recessione, anche perché la crisi stessa colpisce con altrettanta intensità il resto dei paesi Ocse. Il basso livello delle retribuzioni è in realtà l’altra faccia della medaglia dei problemi strutturali del Paese. Come ricordato su queste colonne, i problemi strutturali sono visibili anche in recessione. Il dato sui salari lascia spazio a pochi dubbi e ci ricorda impietosamente che il primo problema strutturale dell’Italia si chiama bassa crescita. L’Italia dal 1995 è sempre cresciuta sotto la media europea. Questo differenziale si è lentamente trasformato in una più bassa crescita delle retribuzioni - la crescita di queste ultime può essere sostenuta nel medio periodo solo da quella della produttività -. Quest’ultima, a sua volta, dipende da una somma di fattori che messi uno sull’altro finiscono per determinare il declino relativo di un Paese. Un sistema scolastico e universitario poco competitivo, un continuo ritardo nell’adeguamento delle infrastrutture, una pubblica amministrazione in larga parte inefficiente, un mercato del lavoro che divide protetti e non protetti, un sistema finanziario che penalizza piccoli risparmiatori e piccole imprese. Un discorso a parte va fatto per la tassazione. In Italia la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dalle imprese e il reddito netto dei lavoratori è tra le più alte al mondo. Questa differenza, chiamata cuneo fiscale, è infatti pari al 46,5 per cento. Se a un’impresa un lavoratore costa 100 euro, lo stesso lavoratore finisce per ottenere in busta paga soltanto 54,5 euro. Si tratta indubbiamente di una differenza impressionante, ma è bene ricordare che i lavoratori tedeschi hanno un cuneo fiscale decisamente superiore al 50 percento, ma percepiscono una retribuzione netta superiore. Un discorso simile vale per la Francia. Il confronto con Francia e Germania non significa che le tasse sul lavoro italiano non debbano essere ridotte, ma soltanto che il vero problema italiano è la bassa crescita e non solo le alte tasse. E poi c’è l’evasione fiscale. In Italia 2 lavoratori su dieci non pagano alcuna tassa. In un mercato di questo tipo opera quindi una concorrenza sleale che tende a comprimere verso il basso i salari delle imprese in regola. Una vera priorità per il Governo dovrebbe essere quella di ridurre questa concorrenza sleale. I più recenti dati sulle ispezioni suggeriscono invece che negli ultimi mesi vi è stato un’allentamento nei controlli fiscali sul posto di lavoro. Un dato preoccupante, anche perché tutti sappiamo che se si riducesse davvero il lavoro nero si potrebbe facilmente ridurre, nel medio periodo, anche la tassazione sul lavoro. La riforma del sistema contrattuale, in modo da legare maggiormente salari e produttività, potrebbe a sua volta facilitare un incremento dei salari medi. Legare maggiormente salari e produttività faciliterebbe la riallocazione dei lavoratori verso i posti di lavoro più produttivi e, al tempo stesso, permetterebbe a giovani e donne di entrare nel mondo del lavoro. Sappiamo bene che la situazione è in pieno stallo, poiché una proposta di riforma è stata approvata da Confindustria Cisl e Uil senza la Cgil. Quando le forze sociali chiedono al Governo interventi urgenti, sarà importante ricordare loro che una vera e completa riforma del sistema contrattuale è altrettanto urgente. Il ritorno alla crescita richiederà il contributo di tutti: imprese, parti sociali, Parlamento e soprattutto Governo. Sappiamo bene cosa è necessario fare. Se decidiamo di non farlo, non lamentiamoci se tra qualche anno le nostre retribuzioni scenderanno dal ventitreesimo al trentesimo posto. pietro.garibaldi@unito.it (La Stampa) -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Il "Bel Paese" diventato...il Brutto Paese. "lui continua a ripetere che tutto va bene, tutto è in ordine e che la crisi è passata. Non è da credergli, in Germania la media degli stipendi è sui 42.000 Euro. Siete presi per il culo e lo votate. Bene, bravi 7+. Masaghepensu | |

Nessun commento:
Posta un commento
Benvenuti..