"cav", beccati questa e.......zitto.!
17/5/2009 (6:32) - NERAZZURRI CAMPIONI D’ITALIA PER LA QUARTA VOLTA CONSECUTIVA
L'Inter vince il 17mo"titulo"
![]() |
| La gioia dei giocatori nerazzurri |
![]() ![]() ![]() | |
Il Milan perde a Udine e consegna lo scudetto all’Inter. È il 17°: rossoneri eguagliati
MARCO ANSALDO, INVIATO A UDINE
Lo scudetto è dell’Inter, il convitato invisibile di una partita che resterà nel ricordo perché ha dato ai nerazzurri lo scudetto e glielo ha consegnato il Milan per uno di quegli scherzi del destino che arrotondano l’umore di chi ne beneficia. Dopo il campionato della sofferenza, vinto all’ultima giornata nel diluvio di Parma e con il fiato della Roma sul collo, i nerazzurri hanno provato il successo del relax, seduti davanti alla tv con la fiducia di chi sa che comunque il titolo (il 17°, come il Milan) sarebbe arrivato: era una questione di ore, il 2-1 dell’Udinese ha semplicemente tranciato l’inutile attesa. Mourinho gioisce. In questa soluzione soft del suo primo «titulo» si fondono la bravura di chi non ha snaturato una squadra vincente e la fortuna che è l’ottima compagna di viaggio per i predestinati.
Il suo calcio non ha rappresentato il nuovo nè il «diverso». In 8 mesi gli abbiamo visto fare scelte che appartengono alla tradizione più italianista: fuori le punte e dentro i difensori quando c’è da conservare la vittoria, il contrario se c’è da tentare una rimonta. La sua Inter non è mai stata «speciale» però è stata formidabile a gestire il vantaggio costruito negli anni dopo Calciopoli: ha sfruttato la forza fisica, ha puntato sul genio di Ibra e sulla spinta di Maicon, ha monetizzato in punti la bravura di un portiere diventato il migliore al mondo, ha registrato l’esperienza e il senso tattico di gente già abituata a vincere molto. La novità è stata Santon. Sembra poco ma non c’era bisogno di inventarsi niente di più per conquistare il 4° campionato consecutivo, nel calcio italiano impoverito di grandi squadre. Il Milan ha retto fino a novembre quando il pareggio del Lecce al 92’ favorì il definitivo sorpasso nerazzurro, la Juve s’è appaiata soltanto per 24 ore quando battè la Fiorentina in un anticipo al sabato: il giorno successivo fu respinta a 3 punti e la voragine crebbe.
E’ stato un monologo da far rimpiangere campionati antichi (tutti insieme il Milan di Sacchi, il Napoli di Maradona, l’Inter di Matthaeus, la Samp di Vialli e Mancini, persino la Juve di Baggio) ma l’Inter non ha una colpa di questo. E poichè Moratti è l’unico a mettere denaro nel calcio, adesso che pure al Milan sgonfiano il budget, è probabile che il dominio nerazzurro si protrarrà: la vera sfida, per noia dal troppo vincere, si trasferirà in Europa dove neppure Mourinho ha dimostrato di possedere la chiave d’accesso alla Champions.
Oggi a San Siro ci sarà una rappresentazione, non una partita. Per lo scudetto, il campionato si è concluso ieri. Gol su rigore di D’Agostino per una spinta dubbia di Maldini che ha celebrato male le 900 partite in rossonero nello stadio dove esordì in serie A; raddoppio di Zapata all’inizio della ripresa su un calcio d’angolo che ha visto i rossoneri guardarsi in faccia mentre la palla scendeva. In fondo ai minuti di recupero la rete superflua di Ambrosini. Questo è nelle cronache, negli occhi c’è la confusione di una squadra cui l’Udinese ha preso sempre il tempo, l’iniziativa, gli spazi.
Al Milan non avrebbero voluto scatenare la festa nerazzurra con la propria sconfitta. Ma era nell’aria. L’Inter può ringraziare la crisi, lo scoramento e la confusione che hanno portato i rivali a una esibizione flaccida e disorganizzata. Ciascuno a giocare per conto suo. Il «caso Ancelotti» non poteva scorrere senza tracce sulla concentrazione di un gruppo cresciuto con Carletto, uno di famiglia, e dove non c’è chiarezza non arrivano i risultati. La settimana scorsa il pareggio senz’anima contro la Juve a San Siro, quest’altro flop contro l’Udinese. In tutti c’è la voglia di sapere. Il primo è Ancelotti. «Voglio restare anche se non lo farei a dispetto dei santi. Devo capire cosa pensa il santo», ha spiegato Carletto ed è sorprendente che un tecnico così fedele all’azienda non sappia ancora dal proprio datore di lavoro, santo Silvio, cosa intende fare di lui.
Lo sbaglio, in parte, è di Ancelotti: ha in piedi un accordo con il Chelsea e ieri mattina Florentino Perez gli ha offerto la panchina del Real Madrid. Una pasta d’uomo più fumantina, pensate a Mourinho, avrebbe accettato le proposte prestigiose dall’estero. Carletto invece traccheggia. Un mese fa si vedeva a Londra, poi è tornato sui propri passi perché il Milan è una tana dove ci si può stare in pantofole, tra dirigenti amici come Galliani e compagni di cene il giovedì. Con Abramovich non potrebbe permettersele: senza l’interprete sarebbe persino difficile intendersi sulle ordinazioni.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Bisogna essere OTTIMISTI, magari il prossimo anno.....se andrà......!?
Il suo calcio non ha rappresentato il nuovo nè il «diverso». In 8 mesi gli abbiamo visto fare scelte che appartengono alla tradizione più italianista: fuori le punte e dentro i difensori quando c’è da conservare la vittoria, il contrario se c’è da tentare una rimonta. La sua Inter non è mai stata «speciale» però è stata formidabile a gestire il vantaggio costruito negli anni dopo Calciopoli: ha sfruttato la forza fisica, ha puntato sul genio di Ibra e sulla spinta di Maicon, ha monetizzato in punti la bravura di un portiere diventato il migliore al mondo, ha registrato l’esperienza e il senso tattico di gente già abituata a vincere molto. La novità è stata Santon. Sembra poco ma non c’era bisogno di inventarsi niente di più per conquistare il 4° campionato consecutivo, nel calcio italiano impoverito di grandi squadre. Il Milan ha retto fino a novembre quando il pareggio del Lecce al 92’ favorì il definitivo sorpasso nerazzurro, la Juve s’è appaiata soltanto per 24 ore quando battè la Fiorentina in un anticipo al sabato: il giorno successivo fu respinta a 3 punti e la voragine crebbe.
E’ stato un monologo da far rimpiangere campionati antichi (tutti insieme il Milan di Sacchi, il Napoli di Maradona, l’Inter di Matthaeus, la Samp di Vialli e Mancini, persino la Juve di Baggio) ma l’Inter non ha una colpa di questo. E poichè Moratti è l’unico a mettere denaro nel calcio, adesso che pure al Milan sgonfiano il budget, è probabile che il dominio nerazzurro si protrarrà: la vera sfida, per noia dal troppo vincere, si trasferirà in Europa dove neppure Mourinho ha dimostrato di possedere la chiave d’accesso alla Champions.
Oggi a San Siro ci sarà una rappresentazione, non una partita. Per lo scudetto, il campionato si è concluso ieri. Gol su rigore di D’Agostino per una spinta dubbia di Maldini che ha celebrato male le 900 partite in rossonero nello stadio dove esordì in serie A; raddoppio di Zapata all’inizio della ripresa su un calcio d’angolo che ha visto i rossoneri guardarsi in faccia mentre la palla scendeva. In fondo ai minuti di recupero la rete superflua di Ambrosini. Questo è nelle cronache, negli occhi c’è la confusione di una squadra cui l’Udinese ha preso sempre il tempo, l’iniziativa, gli spazi.
Al Milan non avrebbero voluto scatenare la festa nerazzurra con la propria sconfitta. Ma era nell’aria. L’Inter può ringraziare la crisi, lo scoramento e la confusione che hanno portato i rivali a una esibizione flaccida e disorganizzata. Ciascuno a giocare per conto suo. Il «caso Ancelotti» non poteva scorrere senza tracce sulla concentrazione di un gruppo cresciuto con Carletto, uno di famiglia, e dove non c’è chiarezza non arrivano i risultati. La settimana scorsa il pareggio senz’anima contro la Juve a San Siro, quest’altro flop contro l’Udinese. In tutti c’è la voglia di sapere. Il primo è Ancelotti. «Voglio restare anche se non lo farei a dispetto dei santi. Devo capire cosa pensa il santo», ha spiegato Carletto ed è sorprendente che un tecnico così fedele all’azienda non sappia ancora dal proprio datore di lavoro, santo Silvio, cosa intende fare di lui.
Lo sbaglio, in parte, è di Ancelotti: ha in piedi un accordo con il Chelsea e ieri mattina Florentino Perez gli ha offerto la panchina del Real Madrid. Una pasta d’uomo più fumantina, pensate a Mourinho, avrebbe accettato le proposte prestigiose dall’estero. Carletto invece traccheggia. Un mese fa si vedeva a Londra, poi è tornato sui propri passi perché il Milan è una tana dove ci si può stare in pantofole, tra dirigenti amici come Galliani e compagni di cene il giovedì. Con Abramovich non potrebbe permettersele: senza l’interprete sarebbe persino difficile intendersi sulle ordinazioni.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Bisogna essere OTTIMISTI, magari il prossimo anno.....se andrà......!?





Ben volentieri Drewes, piacere di averTi conosciuto e grazie per la Tua visita.
RispondiEliminaMasaghepensu