L'acqua: il nuovo oro bianco. Conclusioni - A cura di Caio
Si è parlato spesso dell’acqua; dell’acqua come elemento essenziale in un mondo che è dominato dalla sua scarsità rispetto alle necessità ed alla sua distribuzione ineguale sul pianeta. Si è parlato di politiche dell’acqua, nei vari contesti ed in particolare nella legislazione nazionale, con riferimento ai processi di liberalizzazione o nazionalizzazione; così come se ne è discusso nei termini ecologici e sanitari in relazione agli effetti che il mancato accesso ad essa può produrre. L’acqua quindi come fattore, appunto, strategico ed economicamente determinante. Ed un obiettivo, quello del suo governo, imprescindibile per la politica nazionale ed internazionale.
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Per dare, per quanto possibile e nei limiti delle mie capacità, un quadro più completo della strategicità geopolitica di questo elemento vitale vorrei parlarne, un’ultima volta, sotto un’altra angolazione. Assolutamente inquietante. Quella dell’acqua utilizzata come arma. Nel suo libro “L’acqua – nuovo obiettivo strategico mondiale”, Jacques Sironneau ha scritto: “Se l’acqua può essere direttamente all’origine di conflitti, i recenti conflitti mostrano una crescente tendenza al suo uso come arma da guerra.”
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In effetti, una delle principali caratteristiche dei moderni conflitti tra Stati sta nel fatto che essi sono condotti con utilizzo di tecnologie moderne, e che sempre di più investono le zone urbane. In questo contesto gli impianti urbani di distribuzione dell’acqua potabile e di disinfestazione, così come delle strutture necessarie a fornire loro energia per il funzionamento, diventano obiettivi di primaria importanza. Come afferma Sironneau, infatti, “la loro distruzione o il loro danneggiamento, prendendo in ostaggio la popolazione, costituiscono un mezzo di pressione in grado di infliggere un colpo mortale all’avversario”.
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Nel conflitto nella ex Jugoslavia le parti belligeranti hanno fatto tutti i tentativi possibili per togliere l’acqua alle popolazioni, sia sospendendone deliberatamente la distribuzione, sia distruggendo gli impianti di pompaggio; ma anche ponendo l’embargo sui pezzi di ricambio, precettando il personale addetto alla manutenzione degli impianti, bombardando incessantemente per impedire o limitare l’arrivo di prodotti disinfettanti.
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I recenti bombardamenti americani a Sadr City, l’immenso slum di Baghdad, hanno pesantemente danneggiato le infrastrutture idriche e fognarie, col risultato che i liquami filtrano nella fornitura d’acqua delle case. Nella guerra del Golfo del 90-91 fu riversato il petrolio nelle falde e in mare dopo la distruzione dei pozzi kuwaitiani. L’Iraq, così, ha privato la popolazione civile di acqua potabile e impedito che gli stabilimenti di desalinazione funzionassero. Sempre nella prima Guerra del Golfo, in Iraq i bombardamenti americani colpirono otto dighe, distruggendo sistemi di controllo delle piene, sistemi di irrigazione, centrali di trattamento di scarichi industriali e municipali, centrali idroelettriche.
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Un rapporto dell’agosto 2006 di Amnesty International relativo all’ultimo conflitto Israele-Libano ha evidenziato (e sollecitato) la necessità di un’inchiesta urgente, esaustiva e indipendente da parte delle Nazioni Unite sulle gravi violazioni del diritto umanitario commesse nei territori dello scontro. In particolare, prosegue il rapporto, “le prove raccolte lasciano fortemente intendere che la massiccia distruzione di impianti idrici ed elettrici, così come quella di infrastrutture vitali per la fornitura di cibo e di altri aiuti umanitari, sia stata parte integrante di una strategia militare” Il rapporto, infatti, contiene prove, tra gli altri, di “attacchi a centrali di pompaggio dell’acqua, impianti per il trattamento delle acque e supermercati.”
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Le conseguenze idrico-sanitarie di questa strategia bellica, come immaginabile, sono deleterie. Scoppia, in particolare, ogni genere di malattie “idriche” (diarree, dissenterie, epatiti, ed anche tifo e colera) che in casi estremi aumentano dal 5 al 64% il tasso naturale di mortalità infantile sotto i 5 anni e causano fino al 50% dei decessi, come nel caso dei profughi curdi del 1991. O come nell’Iraq “post 91”, in cui si registrò un tasso di mortalità infantile tra i più alti al mondo, con 7 casi di morte infantile su 10 dovuti a diarrea, febbri tifoidi e infezioni respiratorie acute legate all'acqua contaminata e alla malnutrizione.
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Tutto questo ed altro sta dietro all’ipocrisia dei bombardamenti “chirurgici”. Bombe che uccidono, comunque. Nella realtà giuridica internazionale, però, non esistono norme, convenzionali o consuetudinarie, che proibiscano specificamente l’uso dell’acqua come arma di distruzione o, più precisamente, per impedire la distruzione di strutture idrauliche in modo tale da causare danni alle persone, il blocco dei rifornimenti idrici alle popolazioni, l’avvelenamento delle acque, in modo da renderle inutilizzabili, o l’uso dell’acqua a scopi militari per rendere impossibile ogni sopravvivenza.
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Sarebbe invece necessario, come suggerisce anche Sironneau, attraverso norme stringenti, assicurare il rifornimento idrico alle popolazioni dei centri urbani più colpiti ed in particolare agli ospedali, agli orfanotrofi ed alle scuole, o accordare una protezione speciale alle installazioni energetiche che consenta il funzionamento degli impianti idraulici ed in generale a tutte quelle installazioni che, attaccate e distrutte, determinerebbero una rottura della catena di stoccaggio-trasporto-distribuzione dell’acqua.
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Interventi minimi. Sembra infatti utopia, oggi, distinguere gli obiettivi militari dalle necessità civili; così come il non garantire più, come avviene di regola, un’assoluta impunità agli ideatori ed agli esecutori di violenze e di atrocità del genere che conduce a guerre e devastazioni immani.
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C’è solo da evidenziare l’imbarbarimento (travestito da progresso) del nostro processo di civilizzazione: risalgono a molte centinaia di anni addietro, infatti, i tempi del “giuramento anfizionico” del VII sec. a.C., quando, in Grecia, una dozzina di città federate proibirono mutuamente di sottrarsi l’acqua. Questo il giuramento: “giuriamo di non abbattere i Templi anfizionici, di non sottrarre, sia in pace che in guerra, le fonti necessarie per i loro bisogni…..”
venerdì 22 giugno 2007
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